Malattie Rare
Le malattie rare sono patologie gravi, spesso croniche e progressive. Esistono migliaia di malattie rare. Attualmente ne sono state calcolate 6.000-7.000 e ne vengono descritte di nuove regolarmente nelle pubblicazioni scientifiche. Il numero delle malattie rare dipende anche dal grado della specificità utilizzata nella classificazione delle diverse condizioni/malattie. Fino ad oggi, in medicina, una malattia è sempre stata definita come un’alterazione dello stato di salute, presentandosi con un’unica configurazione di sintomi ed un’unica cura; questo dipende dal livello di precisione della nostra analisi.
Per molte malattie rare, i primi sintomi e segnali si possono osservare alla nascita o durante l’infanzia, come nel caso dell’Emofilia e delle Immunodeficienze Primitive.
Fonte
https://www.orpha.net.
EMOFILIA / EMATOLOGIA 
Emofilia
L’Emofilia è una malattia emorragica congenita che altera il normale processo di coagulazione del sangue.
È causata dalla carenza di una proteina nel sangue nota con il nome di fattore di coagulazione. Le persone affette da Emofilia sanguinano facilmente e spesso eccessivamente. Se non trattata, l’Emofilia può essere fatale. Esistono due forme di Emofilia: la più comune è l’Emofilia di tipo A, che costituisce l’80-85% dei casi ed è causata dall’assenza o dalla ridotta attività del Fattore VIII della coagulazione. L’Emofilia B è invece legata a un deficit del Fattore IX della coagulazione.
L’Emofilia colpisce circa 1 persona su 10.000 ed è molto più comune nella popolazione maschile poiché è legata ad un difetto del cromosoma X. Oggi nel mondo si stima che circa 400.000 persone siano affette da questa malattia.
Diagnosi
Il sospetto di Emofilia si pone quando i pazienti presentano:
- facilità all’ecchimosi (lividi ed ematomi) nella prima infanzia
- emorragia “spontanea” (ossia sanguinamento non riconducibile ad alcun motivo apparente o ragione nota), soprattutto nelle articolazioni, nei muscoli e nei tessuti molli
- eccessivo sanguinamento a seguito di traumi o interventi chirurgici.
La diagnosi definitiva è possibile solo dopo un’analisi del sangue mirata a determinare eventuali deficit del Fattore VIII o IX della coagulazione.
Poiché ciascun tipo di Emofilia richiede una terapia specifica, è essenziale una diagnosi accurata.
Terapia
L’Emofilia può essere gestita efficacemente somministrando il fattore di coagulazione insufficiente o mancante. Esistono due differenti tipi di terapia: la somministrazione del fattore mancante “su richiesta” da adottare per il trattamento di emorragie, oppure in profilassi per prevenire il sanguinamento, mantenendo il fattore di coagulazione a livelli stabili. Nei Paesi sviluppati, dove questi fattori sono facilmente disponibili, i soggetti colpiti da Emofilia hanno pressoché la stessa aspettativa di vita dei soggetti che non ne sono affetti.
Entrambi i fattori della coagulazione possono essere isolati da plasma umano di donatori o creati grazie alla tecnologia del DNA ricombinante. Sono disponibili diversi prodotti in commercio: la scelta è generalmente dettata dalla disponibilità, dall’accesso al trattamento, dal prezzo e dal rischio di sviluppare anticorpi contro il fattore che rendono la terapia non efficace.
Fonti
Srivastava A. et al. Guidelines for the management of Hemophilia. Haemophilia (2012), 1–47
Mannucci PM et al. How we choose factor VIII to treat Hemophilia. Blood (2012) volume 119, number 18, 4108-4114
Malattia di Von Willebrand
La malattia emorragica più frequente è la patologia di von Willebrand (vWD). Si tratta di una sindrome ereditaria causata dalla carenza o dall’anomalia di una proteina fondamentale per la coagulazione del sangue, nota come Fattore di von Willebrand (dal nome del medico finlandese che per primo identificò questa malattia).
Il Fattore von Willebrand (vWF) è la “colla” che tiene unite le piastrine nel sangue e le aiuta ad aderire alla pareti del vaso sanguigno, consentendo così la formazione di un coagulo nel punto di lesione dello stesso vaso sanguigno. Oltre a ciò, lega e stabilizza il Fattore VIII della coagulazione. Per questo motivo, nei pazienti affetti dalla malattia di von Willebrand, l’assenza di attività del vWF comporta l’eliminazione prematura del Fattore VIII in circolo, con conseguente doppia incapacità di arrestare l’emorragia. Le persone che soffrono di questa patologia producono normali quantità di Fattore VIII, ma a causa del fattore di von Willebrand insufficiente, il Fattore VIII non resta in circolo abbastanza a lungo da svolgere adeguatamente la propria funzione. Questo è, infatti, ciò che avviene nei pazienti con la Malattia di VW di tipo 1 e tipo 3.
In genere, sono riconosciute tre forme della malattia:
- Tipo 1: Si tratta della forma più comune e lieve della sindrome di von Willebrand. I livelli del fattore von Willebrand sono più bassi del normale e anche i livelli di Fattore VIII possono essere ridotti.
- Tipo 2: In questa forma della malattia di von Willebrand, tale fattore è normale e sufficiente, ma è anomalo e non funziona correttamente. L’anomalia del fattore può variare e di conseguenza vi sono diversi sottotipi di Malattia di VW tipo 2; e dato che ognuno di questi necessita di un trattamento specifico, è essenziale la diagnosi accurata di ciascun sottotipo.
- Tipo 3: Si tratta della forma più grave della sindrome di von Willebrand. Tale fattore è quasi del tutto o completamente assente con livelli molto bassi di fattore VIII.
Le persone affette dalla malattia di von Willebrand si procurano facilmente lividi (ecchimosi), perdono spesso sangue dal naso ed è difficile fermare l’emorragia (epistassi), hanno flussi mestruali più intensi del normale e sanguinano più a lungo ed intensamente dopo un infortunio, un’operazione chirurgica, il parto o un intervento odontoiatrico. Nella sua forma più grave la malattia può portare al sanguinamento spontaneo in articolazioni e organi, mettendo quindi a rischio la vita stessa.
Alcuni pazienti rispondono positivamente al trattamento con Desmopressina Acetato (DDAVP), ma la terapia e la profilassi più efficaci per la patologia di von Willebrand – soprattutto nelle sue forme più gravi – sono il trattamento con concentrati plasma-derivati contenenti Fattore von Willebrand.
Fonte
Federici AB. Classification and clinical aspects of von Willebrand disease. In: Textbook of Haemophilia 2nd Edition, Lee CA, Berntorp E, Hoots K (eds). Oxford: Wiley-Blackwell 2010. 302–308
IMMUNOLOGIA / NEUROLOGIA
I disturbi del sistema immunitario
In linea di massima, i disturbi del sistema immunitario appartengono a tre categorie:
- Risposta immunitaria iperattiva o inappropriata
- Risposta immunitaria carente
- Risposta autoimmune (auto-attacco).
L’asma e le allergie sono esempi di un sistema immunitario iperattivo che reagisce ad una sostanza esterna non pericolosa.
Viceversa, le immunodeficienze e i disturbi autoimmuni sono in genere più gravi e possono incidere in maniera significativa sulla qualità della vita.
Immunodeficienze
Il sistema immunitario viene definito carente quando una delle sue parti è assente o non funziona bene. Questa condizione spesso si può attribuire a Linfociti B o Linfociti T mancanti o difettosi, oppure ad una produzione di anticorpi inadeguata. Il risultato è che il corpo è vulnerabile e soggetto a infezioni che altrimenti potrebbero essere sconfitte facilmente.
L’immunodeficienza può essere “primitiva”, ossia presente alla nascita e solitamente genetica, oppure “secondaria”. Le Immunodeficienze Secondarie possono avere molte cause tra cui la malattia, la malnutrizione, l’invecchiamento, alcuni farmaci, la radioterapia, la chemioterapia o lo stress.
Sebbene non si tratti della più comune, la causa più conosciuta di immunodeficienza è l’HIV (Human Immunodeficiency Virus) che può causare l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) riconosce circa 185 tipi di Immunodeficienze Primitive. Le più comuni sono quelle che coinvolgono la produzione di anticorpi e sono chiamate Deficienze Primitive di Anticorpi (PAD – Primary Antibody Deficiencies). Le origini di questi disturbi possono essere le più disparate, tuttavia infusioni regolari di Immunoglobuline permettono di gestire efficacemente gran parte di queste patologie e di attenuarne i sintomi.
In Kedrion, il continuo impegno nella ricerca e nello sviluppo ha portato alla realizzazione di vari prodotti a base di Immunoglobuline umane per questo tipo di patologie.
Più nel dettaglio, nelle Deficienze Primitive di anticorpi una terapia sostitutiva con Immunoglobuline migliora l’aspettativa di vita e riduce sia la frequenza che la gravità delle infezioni.
Fonte
Abbas K. et al. “Le basi dell’immunologia. Fisiopatologia del sistema immunitario”. Ed. Masson Elsevier 2006.
Malattie Autoimmuni
In alcuni casi il corpo umano si rivela il peggior nemico di se stesso. Per ragioni non ancora del tutto note, il sistema immunitario umano può, infatti, perdere parte della propria capacità di distinguere tra il sé e l’altro, iniziando così ad attaccare cellule sane e normali dell’organismo. Questa condizione è nota come malattia autoimmune.
Esistono molte malattie autoimmuni che colpiscono milioni di persone in tutto il mondo. Sembra, inoltre, che la loro incidenza sia in crescita a livello globale.
La somministrazione di Immunoglobuline per via endovenosa (IVIg) è indicata ed approvata per le seguenti malattie autoimmuni:
- Porpora trombocitopenica idiopatica (PTI). Nota anche come Porpora Trombocitopenica Immune o Porpora Trombocitopenica Autoimmune, la PTI è una malattia autoimmune della coagulazione che si manifesta quando il sistema immunitario attacca le piastrine del sangue, le quali svolgono un ruolo fondamentale nel processo di coagulazione. Per ragioni ancora poco chiare, i linfociti producono anticorpi che si legano alle piastrine, le quali di conseguenza non sono più efficaci nel processo di coagulazione e, per questo, vengono identificate come “corpo estraneo” per poi essere distrutte nella milza. Emorragie frequenti ed anomale sono una delle manifestazioni tipiche di questa patologia e spesso sono anche accompagnate da tanti, piccoli lividi che possono essere associati ad un’eruzione cutanea (Purpura).
Generalmente, nei bambini, questo disturbo si manifesta in forma acuta e si risolve spontaneamente nell’arco di pochi mesi. Negli adulti, invece, di solito questa patologia si presenta come condizione cronica e richiede un trattamento di lungo termine. Si tratta di una , con un’incidenza di 3 casi ogni 100.000 abitanti per anno nella popolazione di età inferiore ai 16 anni e con un’incidenza annuale di 1,6-2,68 casi per 100.000 abitanti negli adulti, con una leggera prevalenza femminile.
Fonti
Navarro RP et al.; Considerations for the Optimal Use of Immunoglobulin. Am J Manag Care. 2012;18:S67-S78
Abrahamson PE. The incidence of idiopathic thrombocytopenic purpura among adults: a population-based study and literature review. Eur J Haematol..2009 Aug;83(2):83-9
Kawasaki Disease. Nota anche come Sindrome muco-cutanea linfonodale, è una forma di vasculite caratterizzata dall’infiammazione dei vasi sanguigni in tutto il corpo. Colpisce soprattutto i bambini sotto i cinque anni (e raramente sopra l’età di otto).
Con un trattamento adeguato, la prognosi per questi bambini è buona. Tuttavia, senza una terapia efficace e tempestiva circa un quarto di essi è destinato a sviluppare problemi cardiaci, inclusi aneurismi coronarici. Nei Paesi sviluppati, la sindrome di Kawasaki è la causa più comune di cardiopatia acquisita nei bambini.
La causa della sindrome di Kawasaki è ancora sconosciuta e i ricercatori si dividono tra coloro che sostengono che si tratti di un’infezione e chi invece ritiene di essere di fronte a una risposta autoimmune. In ogni caso, una terapia efficace si basa principalmente sulla somministrazione di Immunoglobuline per via endovenosa.
Fonti
Uehara R, Belay ED. “Epidemiology of Kawasaki disease in Asia, Europe, and the United States” J Epidemiol 2012; 22 (2): 79-85
Takahashi K et al.; Pathogenesis of Kawasaki disease. Clinical and Experimental Immunology, 2011; 164 (Suppl. 1): 20–22
Newburger JW. Diagnosis, treatment, and long-term management of Kawasaki disease: a statement for health professionals from the Committee on Rheumatic Fever, Endocarditis, and Kawasaki Disease, Council on Cardiovascular Disease in the Young, American Heart Association. Pediatrics. 2004;114:1708–1733
Neurologia
Sindrome Guillain-Barré
Si tratta di una malattia autoimmune molto rara (colpisce solo 1-2 persone ogni 100.000 abitanti) in cui il sistema immunitario attacca la Mielina, il rivestimento esterno dei nervi, e talvolta i nervi stessi, a livello del sistema nervoso periferico. I principali sintomi sono: formicolio e una sensazione di debolezza alle gambe che può portare addirittura a una paralisi potenzialmente fatale.
Le manifestazioni cliniche generalmente raggiungono la loro massima gravità nell’arco di pochi giorni o settimane, per poi stabilizzarsi per giorni, settimane o addirittura mesi. La maggior parte delle persone guariscono anche dai casi più gravi, ma il recupero può necessitare di un paio di settimane o di qualche anno. La causa della risposta autoimmune è sconosciuta, ma talvolta è innescata da infezioni, da un intervento chirurgico o da vaccinazioni.
La terapia con Immunoglobuline ad alto dosaggio è uno dei trattamenti che può alleviare i sintomi della sindrome di Guillain-Barré e accelerare il recupero.
Polineuropatia Demielinizzante Infiammatoria Cronica (CIDP)
Questa patologia può essere ritenuta una forma cronica della sindrome di Guillain-Barré: si tratta, infatti, di una malattia autoimmune causata dalla demielinizzazione dei nervi periferici, con conseguente perdita di sensibilità, debolezza motoria e sintomi sensoriali.
L’incidenza stimata varia da 0,8 a 8,4 per 100.000 persone. La CIDP è spesso una patologia invalidante: oltre il 50% dei pazienti presentano disabilità temporanea e circa il 10% possono diventare disabili o morire a causa della malattia.
La causa della CIDP rimane sconosciuta, ma ci sono dati che sostengono una patogenesi immunitaria. La plasmaferesi (plasma exchange), i corticosteroidi orali e le Immunoglobuline per via endovenosa (IVIg) sono trattamenti efficaci, ma devono essere iniziati il prima possibile per evitare danni permanenti ai nervi.
Fonti
Pithadia AB et al.; Guillain-Barre syndrome (GBS). Pharmacological Report 2010; 62: 220 – 232
Köller H et al.; Chronic inflammatory demyelinating polyneuropathy. N Engl J Med.2005 Mar 31;352(13):1343-56
Mahdi-Rogers M et al.; Overview of the pathogenesis and treatment of chronic inflammatory demyelinating polyneuropathy with intravenous immunoglobulins. Biologics. 2010 Mar 24;4:45-9
E.Nobile Orazio. Intravenous immunoglobulin versus intravenous methylprednisolone for chronic inflammatory demyelinating polyradiculoneuropathy: a randomised controlled trial. Lancet Neurol 2012; 11 (6): 493-502.